L’intelligenza emotiva nel lavoro

Aggiornato il: 10 Gennaio 2024

Pubblicato il: 23 Agosto 2018

Lavorare sulla nostra intelligenza emotiva nel lavoro

Avete presente il secchione della classe? Tutti hanno conosciuto un secchione nella loro vita! Voti superlativi, comportamento impeccabile, mai una cosa che gli andasse storta.
Perfetto, insomma. Ma odiato da tutti. Non tanto per la sua intelligenza, ma per la sua incapacità di essere simpatico, divertente, uno di noi.
Un brutto anatroccolo?
No, una brutta emotività.
La capacità di relazionarsi infatti è alla base di tutto, anche del comunicare. Senza questa, come si fa?
Durante il lavoro, ma anche nella vita privata, chissà quante volte vi è capitato di dover avere a che fare con persone impossibili, inavvicinabili!
Intelligenza emotiva nel lavoro, che è?
Per una posizione professionale importante, direte, le cose fondamentali sono le competenze, una buona base di studi alle spalle e voti alti, dimostrare di essere intelligenti e sapersi distinguere dai colleghi.
Ma a cosa serve tutto questo, se manca quella giusta dose di empatia che ci fa comunicare con chi lavora al nostro fianco?
Prendete ad esempio il secchione: la sua intelligenza non è una condizione sufficiente perché abbia poi successo nella vita. Anzi, è più probabile che il successo non lo veda neanche con il binocolo!
A ripetizioni di intelligenza emotiva
Nessuno ce l’ha mai insegnato, semplicemente perché dovrebbe essere una qualità innata.
Ma tranquilli, si può sempre migliorare.
Lo psicologo Daniel Goleman, padre del concetto di intelligenza emotiva nell’opera Emotional Intelligence (1995), la definisce come un modo efficace di trattare se stessi e gli altri. In altre parole, la capacità di controllare la propria emotività e interpretare quella degli altri.
Intelligenza emotiva
Per lavorare sulla nostra emotività in vista di una crescita professionale, possiamo concentrarci su:

  • competenza personale, collegata al controllo di sé;
  • competenza relazionale, legata alle relazioni con gli altri.

Come applicare l’intelligenza emotiva in azienda

Chi ben comincia è a metà dell’opera
Tra le abilità più difficili da allenare c’è l’autocontrollo. Non è per niente facile trattenersi o sapersi destreggiare in certe situazioni!
Conoscere bene se stessi è la carta vincente
Con un po’ di impegno e consapevolezza si può fare tutto.
È proprio la consapevolezza che ci permette di riconoscere le emozioni e di classificarle. Questo è anche il primo passo per superare momenti di rabbia o difficoltà perché quando si conosce la causa del malessere è più facile controllarsi e trovare una soluzione!
Pericolo scampato: sarete riusciti a trattenere quelle reazioni che avrebbero creato davvero parecchi problemi.
Non c’è due senza padronanza di sé
Quante volte vi siete detti: “per fortuna che non sentono quello che penso!”.
Un filo continuo tra pensiero e parola vi può tagliare le gambe più di una volta!
C’è sempre un modo migliore per esprimersi. Soprattutto perché, ricordiamolo, siamo solo noi i responsabili delle nostre azioni: i pensieri non si possono controllare, ma le reazioni, quelle sì.
C’è sempre un perché dietro le vostre azioni
Non possiamo semplicemente fregarcene, una volta ogni tanto?
Ne ricavereste più danni che guadagni.
Quindi è semplicemente senso del dovere?
No, perché dietro a ogni nostra azione c’è sempre una motivazione.
Avere un buon obiettivo da raggiungere è sempre la migliore spinta. Eviterete di sbarrare la strada a un collega per un capriccio o una ripicca personale, se questo vi porterà a raggiungere l’obiettivo. È anche così che si consolida il lavoro di squadra!
(E poi diteci che l’intelligenza emotiva non serve sul lavoro).
L’intelligenza emotiva è il migliore strumento di lavoro in un’azienda
Pur di raggiungere un obiettivo per voi importante, siete disposti anche a sacrificare un po’ della vostra pazienza per gli altri, a cercare un punto di incontro e a spingere il gruppo perché arrivi al risultato.
È sorprendente come questa forma di egoismo sia così funzionale!
Il successo dipende da tutti. Davvero.
Non c’è niente da fare, dobbiamo arrenderci: in ogni situazione c’è bisogno di confrontarsi con altre persone, quindi è meglio rimboccarsi le maniche e aprire la mente… con i fatti.
Aprire la mente con i fatti
Chi fa per tre deve fare anche per sé
Ecco il primo insegnamento: dobbiamo tenere conto che c’è anche qualcos’altro all’infuori di noi, ma questo non significa dimenticarsi di tutto ciò che è importante per noi.
Non dimenticate mai i vostri obiettivi, quelli che vi fanno andare avanti con il sorriso.  Riuscire a capire l’altro è fondamentale, ma tanto quanto ricordare le proprie motivazioni e se stessi.
Ascoltare non vuol mai dire annullarsi
ma avvicinarsi agli altri per trovare il giusto punto d’incontro.
Facciamolo questo passo in avanti, ma insieme!
Per arrivare all’obiettivo, qualsiasi esso sia, non c’è cosa migliore che circondarsi di persone soddisfatte, sicure di sé, intraprendenti.
E a renderle così potete contribuire anche voi, con il vostro atteggiamento e la vostra apertura.
Prendiamo ad esempio un collega che ammirate molto. Poter collaborare con lui per un progetto sarebbe un piacere, no?
Alternate competitività e rispetto
Ogni volta che dovete relazionarvi con un’altra persona, siate competitivi (chi non vorrebbe aver sempre ragione?) mantenendo il massimo rispetto nei suoi confronti.





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