Esempi famosi per scegliere il payoff e il nome di un’azienda

Aggiornato il: 18 Dicembre 2023

Pubblicato il: 30 Agosto 2018

Esempi di payoff famosi: la complessità della semplicità

Affidarsi significa saper delegare e accettare la guida di qualcuno. Che questa parola abbia la sua radice nel verbo “fidarsi” la dice lunga.
In questo articolo vedremo il perché, servendoci anche di esempi di payoff famosi.

Come scegliere il payoff per un brand

Per un’azienda non c’è nulla di più personale e intimo del momento in cui si trova a scegliere il nome e scrivere il payoff, la sua frase identificativa.
Affidarsi = Fidarsi di professionisti competenti
Naming e payoff.
I soliti ignoti
I soliti ignoti
Partiamo dalla base: senza un’identità non si va da nessuna parte.
Come si fa a generare valore traducendo in parole un elenco di caratteristiche? Fosse facile scriveremmo qui di seguito la ricetta perfetta. Invece il processo di naming e creazione del payoff è un (bellissimo) rompicapo, che a volte non viene percepito come tale dai nostri clienti.
Spesso ad essere preso alla leggera non è il risultato finale, ma tutto quello che ci sta dietro.
Basta dire “mi piace/non mi piace”!
Mettiamo al bando il più grande virus esistente nei gruppi dirigenziali, che sterilizza e rende inutile ogni sforzo di ricerca: l’aggettivo “bello”. Tanto semplice quanto letale. Tanto pieno per chi lo pronuncia, tanto vuoto per chi lo ascolta.
l'aggettivo bello
Non è mai una semplice questione di bello/brutto
Ci sono specifici step da seguire per scegliere nome e payoff per un’azienda:
1. La raccolta di informazioni
Servono dati certi e alla mano, una panoramica completa e un obiettivo ben chiaro.
Si parte con un’intervista mirata: chi sono i nostri clienti, qual è la fetta di mercato in cui ci collochiamo, a quale pubblico si deve rivolgere l’azienda, quali sono i prodotti di punta e quale vorremmo fosse il futuro della vostra azienda… tutte domande che non guardano solo a cosa vuole il CEO, ma anche a quello che è richiesto dal (potenziale) pubblico.
2. Guardare oltre il proprio giardino
Passiamo allo studio del mercato e della concorrenza. Si guardano le formule lessicali, i colori e le forme che caratterizzano il settore.
Il naming non si ferma all’idea, ma si concretizza nella forma, nel colore, nelle associazioni, nei richiami.
3. Uno schema e tanta creatività (razionale)
Definiamo delle aree di sviluppo del pensiero, ovvero delle mappe concettuali con tutte le parole che ci vengono in mente. Poi possiamo partire con l’attività creativa: cerchiamo suoni, colori, parole con combinazioni originali. 

In questa fase le idee cominciano a vorticare, passando da un’area all’altra, fino ad arrivare al nostro foglio.
Qui l’esperienza è tutto: giochi di parole o qualche figura retorica non bastano per creare un nome efficace: il payoff deve contenere un messaggio di spessore, il famoso why aziendale di cui parlava Simon Sinek. Ci vuole un buon equilibrio tra forma (suono e appeal delle parole) e sostanza (il messaggio veicolato).  
4. Brainstorming. Braincatching.
Non c’è mezzo più efficace di una riunione in brainstorming: l’occhio critico di più professionisti riuniti trova sempre le soluzioni più adatte, funzionali e pertinenti.
Le varianti scelte dovranno però passare un esame altrettanto severo: quello della concorrenza.
Terminata anche questa fase, le proposte rimanenti sono pronte per essere studiate nella loro forma grafica.
Come dicevamo, anche l’occhio vuole la sua parte.

Prendiamo spunto dai payoff più famosi

Quanta fretta ma dove corri, dove vai?
Citazioni a parte, questo è il momento di scrivere il payoff!
Questo elemento è parte integrante del processo di naming e svolge una funzione particolarmente delicata.
Dal nome al payoff
Per studiare anche questo ultimo pezzo del nostro puzzle dobbiamo associare a ciascun nome un payoff complementare.
La complementarità:
Ad un nome didascalico vogliamo associare un payoff aspirazionale, stimolante, accattivante…emozionale.
Un esempio?
Melinda – Mi piaci di più.

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Se invece il nome lascia spazio all’immaginazione, allora il payoff può avere il compito di descrivere in modo chiaro il messaggio e l’attività dell’azienda.
Ad esempio:
Geox – La scarpa che respira.
E quando si osa cosa succede? Beh, succede la Vespa!

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Ripresi dalle esuberanti trovate della Piaggio?
Allora siamo pronti a passare alla fase successiva.  

Come valutare nome e payoff di un brand

L’incontro per la presentazione delle proposte di naming non è un pro forma.
Tutto il lavoro ha bisogno di essere esposto e motivato, per arrivare ad una scelta consapevole ed efficace.
Il nostro modo di dare un giudizio oggettivo

  1. Prima lettura. Riprendiamo in mano il documento con le proposte e le leggiamo una prima volta.
  2. Seconda lettura. Lasciamo passare un giorno e dedichiamo nuovamente del tempo alla lettura delle proposte, una dopo l’altra. Quale ci rimane più in mente?
  3. Prova di incisività. Nei giorni successivi proviamo a ripetere a noi stessi quali sono i nomi che ricordiamo. Con il passare del tempo resteranno solo quelli che hanno un vero impatto sul ricordo, non quelli che ci sono piaciuti di primo acchito.
  4. Giudizio e motivazione. Dopo almeno un paio di giorni dall’ultima lettura, ripetiamo l’azione. Questa volta però diamo anche un nostro giudizio a ciascun nome, motivandolo.
    Secondo la nostra esperienza, da questo giudizio finale esce viva (forse) solo una delle scelte che avremmo fatto in partenza. Il tempo e l’attenzione in questo caso sono i nostri più cari alleati.
  5. Un consiglio extra. Nello scegliere il payoff aziendale, considerate la possibilità che possa diventare un hashtag da utilizzare sui social, per dare prestigio e riconoscibilità al brand. Se poi questo payoff è davvero accattivante, può contribuire a rendere virale un contenuto.

Avere già le idee chiare alla prima lettura? Sacrilegio.
Siamo pronti!
Inizia un duello ad armi pari.

Finalmente è arrivato il momento di rivolgerci al creativo e dare un giudizio, proponendo eventuali variazioni in vista della presentazione al cliente. In questo modo le nostre opinioni si incontreranno e porteranno alla soluzione migliore.
Senza tutta la precedente riflessione questo non sarebbe stato possibile perché qualsiasi opinione non avrebbe avuto quel grado di oggettività che invece in questo modo siamo riusciti a raggiungere.
Priorità ai pensieri motivati e strutturati. Perché la scelta di nome e payoff di un’azienda non concepisce il libero arbitrio, né il suffragio universale.
A meno che non vogliate riscuotere un bel facepalm!
Facepalm
Riassumiamo in pochi semplici punti come la pensiamo noi:

  • nessuna proposta sarà mai quella giusta se prima non impariamo a valutarla
  • la fretta non porta da nessuna parte: o si propone la soluzione migliore, o si riparte da capo.
  • se vengono a mancare la cura, l’interesse e il dovuto tempo per valutare prima di scegliere, forse – Houston – abbiamo un problema molto serio! E il cliente è meglio se non lo vediamo neanche con il binocolo!


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